Minimi locali e touch-typing
C'è una situazione ricorrente nell'esperienza umana, che si presenta in varie forme nella vita dei singoli e in quella collettiva.Un laureando in ingegneria vuole guadagnare un po' di soldi e passa il pomeriggio a lavorare in una copisteria. Così facendo, rallenta gli studi e comincia a lavorare sei mesi più tardi, perdendo nel complesso molti più soldi di quanti ne abbia guadagnati nel suo lavoretto part-time
Nel salto in alto, nel tempo ci sono stati piccoli miglioramenti tecnici e nelle prestazioni finché nel 1968 Dick Fosbury vinse i mondiali con il suo salto dorsale (volgendo la schiena all'asticella). La nuova tecnica si impose ed è ora universalmente adottata.
Un contadino vive in una vallata. Nel tempo e con sacrifici riesce a comprare il terreno più produttivo della valle. Poco al di là delle montagne ci sono pianure fertilissime di cui non conosce l'esistenza.
Queste situazioni hanno molto in comune con l'idea matematica dei minimi locali. Una pallina posta su un piano ondulato tende ad andare verso il punto più basso, ma se viene a trovarsi in una conchetta ci rimarrà a meno di non subire scossoni. E così le persone, che nelle loro attività sono spesso guidate da principi di efficienza e risparmio (di energie, attenzione, tempo), hanno la tendenza ad attenersi alle loro abitudini anche se comportamenti alternativi potrebbero beneficiarli di più.
Certo, sarebbe un problema se ogni attività fosse sottoposta ad analisi critica e ad un esame approfondito delle alternative esistenti e spesso la fatica di superare le montagne o di passare mesi a esercitarci in una nuova tecnica di salto sarebbe solo tempo sprecato. Ma per attività che svolgiamo molto spesso o che hanno una grande influenza sul nostro benessere vale la pena almeno porsi il problema.
Dopo aver letto su slashdot l'ennesimo articolo su tastiere e digitazione, mi è venuto in mente che forse era il caso di pormi il problema. In qualsiasi mestiere, la scelta degli strumenti di lavoro e delle tecniche utilizzate ha un'importanza enorme ed effetti prolungati nel tempo. Per uno sviluppatore, l'aggiornamento continuo su linguaggi, librerie e tecniche è una parte centrale del mestiere. Ma difficilmente viene in mente, dopo decenni di rapporto quotidiano con il PC, di mettere in discussione il proprio metodo di digitazione.
Sono passato attraverso varie fasi: ho cominciato a battere sui tasti guardandoli uno per uno, poi col tempo a memorizzare a livello motorio alcune sequenze frequenti e sono diventato discretamente veloce e in grado di scrivere anche senza guardare la tastiera commettendo pochi errori. Ma lì sono rimasto per anni, facendo il ragionamento inconscio: "Il metodo che uso è sufficiente. Non vale la pena sforzarmi per impararne uno migliore". E mi sbagliavo.
La dattilografia ha ormai una storia centenaria e vale la pena imparare la tecnica standard del touch typing (digitazione a tastiera cieca, o al tatto). Vi siete mai chiesti a che servano i rilievi sui tasti F e J? Indicano la posizione base per gli indici. Questo permette di sapere in quale posizione si trovano le nostre mani sulla tastiera e di evitare errori "per traslazione". Con pochi giorni di esercizi (se ne trovano anche online) e di prova, la mia velocità di digitazione è migliorata sensibilmente, grazie soprattutto a un minor numero di battute errate e alla possibilità di non staccare gli occhi dal monitor. E di questo miglioramento trarrò benefici per tutto il resto della mia vita lavorativa (o fino a quando non inventeranno un'interfaccia mentale che funzioni meglio).